Al liceo avevo un amico del cuore col quale studiavo ogni pomeriggio. Facevamo i compiti, uscivamo, guardavamo video musicali, cantavamo, fumavamo. Tutti pensavano stessimo assieme, ma eravamo solo grandi amici. Un pomeriggio di fine maggio andai a casa sua per studiare. La scuola stava per finire e c’era poco da fare: avevamo un sacco di tempo di libero. Entrando in casa incontrai suo fratello. Avevo una cotta pazzesca per lui: era più grande di noi e ci faceva conoscere un sacco di nuova musica, libri, film. Lo adoravamo.
Lo salutai e mi rifugiai in camera di Carlo. Eravamo in gamba a scuola e ci avevano già interrogati in tutte le materie; l’anno scolastico per noi era già concluso. Traducemmo svogliatamente la versione di latino e ci accorgemmo che non avevamo altri compiti. Quindi Carlo tirò fuori il suo sacchetto magico e cominciammo a fumare. Pier fece capolino dalla porta: «Ma da quand’è che mio fratello fuma?», disse rivolgendosi a me con stupore.
«Non so, saranno un paio d’anni» risposi arrossendo un po’.
Era la prima volta che si rivolgeva direttamente a me.
«Vuoi fumare?», fece Carlo voltandosi verso suo fratello.
Seduti in balcone, con la schiena contro il muro, fumammo assieme. Ridacchiavo tra me.
Carlo mi chiese: «Cos’è che ti fa ridere oggi?»
Scoppiai a ridere e gli dissi: «Ma lo sai che Gianmarco dice in giro che ci ha visti scopare in bagno al diciottesimo di Chiara?»
Anche lui esplose in una risata.
«Che stronzata!», disse, «sarebbe come scoparmi mia sorella».
Si alzò e andò in bagno continuando a sghignazzare.
«E tu li hai fatti diciott’anni?», mi chiese Pier con un tono di voce più morbido del solito.
«Si», risposi guardandolo fisso negli occhi.
«Quindi se adesso ti baciassi?»
Mi alzai in piedi e lui mi seguì. Avvicinai il mio corpo al suo e sentii i suo abbraccio stretto intorno alla vita. Portai le labbra sulle sue e velocemente la sua lingua s’insinuò morbida nella mia bocca. Lo spinsi in camera di Carlo cominciando a sbottonargli la camicia gialla. Intravedevo il suo petto muscoloso.
Mi spinse sul letto e mi salì addosso. Ero meravigliata, non avrei mai immaginato di potergli piacere, e allo stesso tempo ero completamente bagnata.
Contemporaneamente mi baciava, mi accarezzava il seno con una mano e con l’altra mi palpava sotto la gonna. Era un’invasione, lui era ovunque. Rispondevo muovendo il mio bacino su e giù per sentire la sua erezione.
In quel momento Carlo entrò in camera e, compreso ciò che stava accadendo, gli si disegnò il volto d’imbarazzo. Suo fratello, girandosi verso di lui, disse: «Va via o dico alla mamma che fumi».
Cercai di sfoderare il tono più convincente possibile: «Ma no, se vuole restare, possiamo farlo restare».
Suo fratello mi guardò interrogativo.
«Carlo, vieni qui, baciami», gli suggerii.
Si avvicinò e si sedette sul cuscino. Cominciò a baciarmi piano, in maniera delicata.
«Vabbè, io l’ho sempre detto che voi due siete tutti strani», sbottò Pier. Però rimase in camera con noi.
Mentre Pier mi sfilava le mutandine, sbottonavo i bermuda di Carlo. Gli feci sfilare i boxer e presi in mano il suo sesso che s’indurì istantaneamente. Nel frattempo Pier cominciava a leccarmi cercando il clitoride con la lingua. Muovevo la mano seguendo la velocità della lingua di Pier, intenzionata a far godere Carlo al mio stesso ritmo. Pier infilò due dita nella mia fica e gliele inondai di piacere. In pochi minuti cominciai a sentire l’orgasmo avvicinarsi e il piacere accendersi e spegnersi nella pancia. Aumentai la velocità e la stretta attorno al pene di Carlo e venimmo assieme.
Il viso di Pier fece capolino tra le mie gambe e, passandosi due dita sulle labbra, ci disse: «Adesso che voi avete fatto, tocca a me».
Si sfilò pantaloni e mutande e si mise a sedere di fronte al letto dicendo a Carlo di prendere il suo posto.
«Adesso comincia a leccare piano», gli disse cominciando a toccarsi il pene e Carlo così fece.
Gli suggerì di cercare il clitoride e premere piano su quello e di girarci attorno con la lingua. La mia eccitazione aumentava a ognuno dei suoi suggerimenti.
Pier se ne accorse e mi chiese di infilarmi la mano sotto il reggiseno e accarezzarmi i capezzoli. Poi mi fece tirare su la maglietta per fargli vedere tutto. Lo feci ipnotizzata dalla sua voce.
Dopo domandò a suo fratello di infilarmi un dito dentro e cominciò a dargli il ritmo dicendogli quando entrare e uscire.
In quel momento ero davvero eccitata sentendomi l’oggetto del desiderio di entrambi. Guardai la testa di Carlo tra le mie gambe, Pier seduto di fronte a noi che ci dirigeva e percepii il piacere che saliva costante a ogni sua parola. Godevo ogni istante un po’ di più, finché esplosi in un orgasmo seguito subito dopo da quello di Pier che venne fra le sue mani.
Nello stordimento dei nostri orgasmi il rumore delle chiavi nella porta di casa ci arrivò ovattato e lontano. Fu Pier il primo a dire: «La mamma!»
Con uno scatto animale infilai le mutandine e mi sedetti sul letto. Mi accorsi che ero rimasta con la gonna per tutto il tempo, per fortuna. Pier e Carlo avevano già indossato i loro pantaloni: uno si sedette alla scrivania e l’altro sul comodino.
La mamma fece capolino dalla porta: «Che facce strane che avete, ma avete fumato?», disse accennando un rimprovero.
«Macché mamma, ma dai!», rispose prontamente Pier.
«Voi siete tutti strani» rispose la mamma con un sorriso uscendo per andare a preparare la cena.
Sono passati anni da allora. Io, Carlo e Pier viviamo in città diverse. Ma ogni volta che c’incontriamo è sempre la stessa storia.
Blu Virginia