Un batuffolo nero

Venerdì sera. Uno dei tanti.

Il club ha aperto da poco, non c’è fila all’ingresso. La pista è vuota, c’è qualche ragazzina appena maggiorenne che balla strusciandosi su qualche figaiolo. Al bancone sono seduti un paio di cinquantenni. Nell’aria risuona una musica elettronica pompata da casse ben distribuite. Non si parla facilmente qui dentro. E, in fin dei conti, a cosa servirebbe?

 

Mi faccio strada tra le sale del locale. So già dove andare anche se è quasi buio e le luci tendono a far apparire ogni angolo uguale al precedente. Non per me, che quel corridoio lo saprei percorrere a occhi chiusi.
Procedo fino alla porta socchiusa che si trova in fondo a destra. Respiro profondamente. Sto per entrare nel mio inferno preferito. Accanto alla sala, un buttafuori compito mi fa un cenno e mi fa passare. Dopo di lui, l’oscurità.

 

Mi avvicino al divano bordeaux senza occhi addosso. C’è gente che scopa, ragazze che frustano un vecchio messo a pecora. C’è un Master, ormai diventato habituè, che mi sorride quando mi siedo. Mi conosce. O meglio, sa chi sono dentro queste quattro mura. Riconosce la mia maschera di piume nere e le tre perle che disegno sulla guancia per tracciare simbolicamente una lacrima. Quando siamo qui, tutto ciò che c’è fuori non conta. Fuori di qui non esistiamo. Uno, nessuno, centomila. Chissenefrega. Siamo solo dei corpi, delle voci, delle lingue che si frugano veloci nella notte. Tutto il resto non conta. Ci piace così.

un batuffolo nero

Mentre mi appoggio sui cuscini del divano cercando una posizione confortevole, il Master di prima mi porge un Martini bianco senza parlare. Prendo il bicchiere, lo alzo a mo’ di brindisi e mi bagno le labbra. Lo osservo mentre torna a prendersi cura della sua schiava. Non ho mai visto la ragazza, passa il tempo perlopiù in ginocchio di fianco al muro a succhiargli il cazzo.

 

Quando vengo al club, non ho aspettative. Solo due costanti: la mia maschera di piume e il mio posto sul divano. Il resto è dominato dall’imprevisto. Dal tutto che può accadere. O dal niente. Non basta essere una bella figa per divertirsi qui dentro. La magia accade a settimane alterne. Non c’è un copione.
Intravedo il Master accarezzare la testa della puttana ai suoi piedi. Ha gli occhi colorati di nero, la ragazza. Un corpetto le fascia la vita sottile. È senza mutande, non posso vederle la figa solo perché ha le gambe unite. Il Master è in piedi, con le dita le solletica le orecchie, lei muove il faccino strofinandosi sul pantalone liscio di lui. Sorride sorniona. Niente sembra distrarla, né la musica né chi si fa sodomizzare attorno a loro.

 

Poi succede qualcosa. Nasce tutto da uno sguardo impercettibile del Master che si volta, mi guarda e poi sussurra qualcosa all’orecchio della schiava. Lei abbassa lo sguardo, prende un nastrino che le poggia tra le mani il Master e viene gattonando di fronte a me. La schiava alza il volto e mi guarda, cerco di accarezzarle la testa pensando che il Master mi stia portando in dono la sua cagna. Lei si scosta.
Do un’occhiata veloce all’uomo che sta scuotendo il volto come se stesse dicendo “No”. Guardo di nuovo la ragazza: ha le mani tese verso di me e con il nastrino di raso tra le dita si avvicina al mio collo.

 

Quel collare è per me. Non per lei. Figlio di puttana, penso ridendo tra me e me. Mi faccio legare il collarino, senza staccare lo sguardo dall’uomo in segno di sfida. Ma le cose non procedono come le stavo immaginando. La schiava con movimenti veloci e decisi si alza e mi da le spalle. Vedo finalmente il suo culo sodo aperto da un meraviglioso plug anale di pelo. Un batuffolo morbido le sbuca dall’orifizio. Senza voltarsi mi prende in un pugno una ciocca di capelli e mi guida verso il Master, mettendosi di fianco a lui.

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Il Master solletica il mio mento con la mano destra, gli lecco le dita, ma la ragazza mi dà uno schiaffo. Ridono. Mi fanno stendere a terra. Il Master mi apre le gambe e mi alza la gonna. Lei si siede a gambe divaricate sopra la mia faccia, impedendomi di vedere l’uomo. La figa di lei poggia sulla mia bocca, e anche se la maschera rende un po’ macchinoso il tutto, non me la sfila, anzi, si assicura che sia sempre ben fissata alla nuca.

 

Apro la bocca per assaporare la figa della ragazza, i suoi umori sono dolciastri. È eccitata, si sta divertendo la puttana, penso. La lecco mentre lei con un po’ di pressione cerca di tapparmi la bocca e le narici rendendomi faticoso il respiro. Sculetta e sfrega la sua figa su di me. Ho la faccia piena di lei.
Poi, senza preavviso, sento il cazzo del Master entrarmi dentro. Comincia a scoparmi tenendomi le gambe aperte e sbattendomi con colpi decisi. Il suo ritmo è veloce, entra ed esce senza tregua. Lei mi continua a invadere la bocca con la sua figa aperta.

 

Attorno a noi, come se niente fosse, tutti proseguono i loro giochi e la musica pompa uno dei miei pezzi musicali preferiti. Chiudo gli occhi e mi godo questo fottuto inferno. Ancora per qualche ora posso starmene qui, alla mercé del Master e della sua schiava col batuffolo nero.

 

Un venerdì sera. Come tanti altri.

Madame Nicole del blog lestanzedimadame.com

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