Vi ricordate chi erano Pandora e il dio Pan? Pan nella mitologia greca era un dio con sembianze caprine, governava i boschi, era falso e bugiardo, un giocherellone a cui piaceva sedurre tutte le ninfe che incontrava lungo i sentieri, mentre Pandora era una ragazza pudica e in lei non dimorava l’ impulso della curiosità nelle cose, fino a quando non scoperchiò il vaso della conoscenza terrena. Secondo voi la curiosità può essere considerata ‘’un’occhiata ai libri, due alla vita” o “uno dei mali del mondo?” In tenera età, il dio Giove plasmò questa innocente creatura con le qualità di perfezione assoluta per regalare sulla terra la felicità agli altri uomini. Io, come lei, non conoscevo impudenza, ma quel vaso ricevuto in dono è stato per me una forte attrazione. Cosa mai può contenere quell’otre di creta ben sigillata? Siedo nella mia stanza, sono serena, troppa quiete nelle mie giornate, vorrei qualcosa di forte per contraddire questo mio stato: voglio aprirlo.
Scoperchio il vaso e una nube di fumo si disperde nell’aria, gli spiriti maligni che fino ad allora l’uomo non aveva conosciuto si sono insidiati nel mondo. Vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e vizio sono stati inalati nel mio spirito. Fuggo velocemente dalla stanza, ho bisogno d’aria, di guardare il mondo e viverlo. Mi porto in riva al fiume e con i piedi nell’acqua odo un rumore di zoccoli, mi volto e una figura mezza uomo e mezza capra mi guarda con occhi maliziosi e bava alla bocca: il dio Pan fallico e bugiardo, dio dei boschi che arriva a sedurmi. Corro lungo il fiume, gli schizzi d’acqua bagnano la veste che diventa trasparente e lascia intravedere le sinuose forme rotondeggianti. Lui mi corre dietro, il frastuono dei suoi zoccoli mi spaventa moltissimo, riesce ad afferrarmi trascinandomi dai capelli sulla riva. Sono a terra mentre lui mi guarda, il mio respiro è sempre più forte e i suoi occhi sempre più penetranti. Striscio con il corpo sul terreno fino a sentire un tronco di albero che blocca la mia fuga, lui intanto segue lento i miei movimenti, i suoi zoccoli rumorosi e pelosi calpestano il terreno e, al contempo, sembrano camminare sul mio cuore che batte all’impazzata. “Fermati”, mi dice, “non puoi sfuggirmi, mi hai chiamato scoperchiando il vaso ed ora voglio essere ripagato”.
I suoi piedi fatti di zoccoli scostano il vestito sul petto e scoprono il seno infreddolito, i capezzoli sono freddi, gonfi e dritti; il suo essere capra e animale lo avvicina alle mie mammelle che succhia e lecca, la peluria del suo viso mostruoso stranamente suscita in me un piacere forte. Con piccole spinte i suoi zoccoli mi portano ad alzarmi da terra, mi poggia sul tronco robusto dell’albero e mi volta. Vedo poggiare gli zoccoli anteriori nella parte alta del tronco che calpestano i miei capelli mentre il mio viso poggia sulla corteccia ruvida. Sento il suo alito sul collo, è pesante. Adagia la sua pancia sulle mia schiena e penetra il mio ano. Ho scoperchiato il vaso e da qui a ora la mia decadenza nell’umanità.