Teresa chiuse il registro e lo ripose nel cassetto. Un ultimo sguardo all’aula vuota, poi le vacanze potevano dirsi ufficialmente iniziate. Due mesi di libertà. Due mesi senza insegnare matematica a quei mocciosi che non erano capaci nemmeno di fare due più due.
Teresa percorse il corridoio diretta verso l’uscita. Mocciosi, pensò. Una classe di mocciosi senza disciplina, viziati e maleducati. Ma per Teresa il problema non erano tanto i bambini, quanto i genitori che non gli avevano insegnato un briciolo di disciplina. E lei se ne intendeva di disciplina.
Tutti i pomeriggi, da brava insegnante, Teresa dava lezioni private a un alunno molto speciale: Marcello, un ventenne suo vicino di casa che da qualche mese si era trasferito nel quartiere. Nonostante i suoi anni, Marcello aveva ancora bisogno di disciplina, e da brava insegnante Teresa lo stava aiutando. A questo scopo aveva modificato una stanza della sua casa arredandola come l’aula della scuola dove lavorava: c’era una scrivania, una lavagna, un banco, e un pesante righello di legno che Teresa usava per punire il suo allievo disubbidiente.
Ogni pomeriggio, alle cinque in punto, Marcello bussava alla porta recando con sé lo zainetto dei compiti, cioè un diario che elencava le volte che si era dovuto masturbare pensando a lei, oppure un album di fotografie oscene, con lui vestito da donna. Ma non le importava quanto Marcello fosse stato diligente, Teresa trovava sempre una scusa per punirlo. Solo che stavolta non c’era bisogno di scuse.
Alle cinque e un quarto lui non era ancora arrivato. Quale fosse il motivo di quel ritardo non importava, stavolta Marcello l’avrebbe pagata. Gli avrebbe preso quel ricciolo biondo che gli ballava sulla fronte ogni volta che lei gli succhiava il cazzo e glielo avrebbe strappato via in un colpo solo. Meglio, avrebbero fatto l’amore e lo avrebbe tenuto al limite più a lungo che poteva per poi negarsi, e gli avrebbe vietato anche di soddisfarsi da solo, almeno per una settimana.
Teresa stava già pensando a una punizione esemplare quando sentì suonare il campanello.
«Chi è?» gridò da dietro la porta.
«Signorina Teresa, sono io, Marcello. Posso entrare?»
«Vieni pure, è aperto.»
Il ragazzo spinse la porta in avanti e fece il suo ingresso. Teresa lo stava aspettando con addosso la sua uniforme da educatrice: un top nero dove lei stessa aveva cucito lo stemma araldico di una qualche università, minigonna a righe bianche e nere, perizoma e reggiseno in pizzo, e cravattino sexy. In mano aveva il suo righello, e lo agitava nervosamente.
«Allora giovanotto, dov’eri finito?» Gli occhi di Teresa scintillavano di malizia. «Scommetto che sei caduto dal vasino e ti sei fatto la bua, non è vero?»
«Sì, signora maestra…» mormorò il ragazzo.
«Almeno ti sei pulito per bene dopo che hai fatto pipì?»
«Sì, signora maestra…»
«Bugiardo! Non ti credo!» La mano di Teresa si sollevò in aria e colpì Marcello con un tremendo ceffone. «Adesso togliti i pantaloni e fammi vedere!»
Seppur con riluttanza, il giovane obbedì. Rosso in viso, si sbottonò i pantaloni e li tirò giù. Il suo pene si tendeva nelle mutande formando un grosso rigonfiamento.
«Non mi sembra che tu abbia fatto un buon lavoro» disse la donna, indicando col dito una piccola macchia che si andava formando sugli slip. Così prese la borsa e tirò fuori un pacchetto di salviettine umidificate. Poi abbassò le mutande di Marcello a metà coscia e ricominciò a pulirlo, delicatamente, avendo cura di passare la salvietta su tutta l’asta, senza tralasciare i testicoli e il glande duro e teso. Nel frattempo Marcello si torceva le mani, e ogni tanto si lasciava andare a un debole lamento. Il pene stava diventando sempre più gonfio, e sulla punta spuntava qualche goccia di liquido pre-eiaculatorio che non sfuggì allo sguardo della donna.
«Brutto sporcaccione, lo vedi cosa hai fatto?» tuonò Teresa. «Ora ti dovrò punire!»
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Scopri di più!Non aveva ancora terminato la frase che Teresa afferrò Marcello per le spalle, costringendolo a piegarsi sulla scrivania. Stavolta gli tirò giù le mutande fino alle caviglie, esponendo le natiche del ragazzo all’aria fredda del condizionatore, e in quella posizione gli colpì il sedere con il righello. Prima una volta, poi due, poi tre, con energia sempre maggiore.
Marcello iniziò a scalciare come un puledro, cosa che fece infuriare Teresa.
«Si può sapere cosa ti prende?»
«Brucia un po’ signora maestra» protestò il giovane.
Per Teresa quelle parole erano dolci come il miele. Col tempo aveva imparato che Marcello era in grado di sopportare un livello di dolore ben più alto, tuttavia trovava irresistibile che continuasse a lagnarsi in quel modo. Vederlo fare opposizione, come un bambino testardo, la mandava su di giri come un buon bicchiere di vino, stimolandola a continuare.
«È solo l’inizio…» sussurrò Teresa al suo orecchio, con la voce era roca per l’eccitazione.
Teresa si passò una mano tra le cosce: era calda e bagnata. Era pronta per qualcosa di più forte.
«Resta così. Non ti muovere.»
Si sbottonò la gonna e la lasciò cadere sul pavimento. Stessa fine fece il perizoma, che allontanò con un calcio. Con addosso solo il top e il reggiseno, la donna si spostò dall’altro lato della scrivania lasciando che Marcello ammirasse la sua fica rasata con cura. A quello spettacolo, il pene del ragazzo sussultò di gradimento, tuttavia Teresa non lo degnò di uno sguardo. Invece aprì il cassetto e ne tirò fuori un quaderno e una penna che diede a Marcello.
«Ora scrivi cento volte “Non farò più arrabbiare la signora maestra” e non fermarti finché non hai finito» disse.
Lui si mise immediatamente all’opera, così concentrato da non accorgersi che nel frattempo Teresa aveva preso dal cassetto anche una paletta in metallo, poco più grande di una mano. Con quella nascosta dietro la schiena, Teresa si posizionò alle spalle di Marcello, con una mano sulla paletta e l’altra in mezzo alle gambe. Poi a sorpresa gli colpì le natiche con un colpo leggero, ma deciso.
Marcello sobbalzò, ed emise un piccolo singhiozzo.
«Sei sordo? Ho detto di non fermarti!» lo sgridò Teresa.
Non appena il ragazzo riprese a scrivere, Teresa ricominciò a batterlo più forte e a masturbarsi, fino a quando le grida di piacere e le urla di dolore non si ricongiunsero in un solo gemito sommesso.
Cristiana Danila Formetta è scrittrice e blogger. Scopri i suoi libri su http://author.to/CristianaFormetta