Incontro fortunato

Ciao, ci vediamo per le 20“. Questo fu il messaggio che ricevetti dal mio amico Edoardo in una torrida giornata di giugno. Erano mesi che mi chiedeva di trascorrere del tempo assieme. Decisi di accettare, così ci demmo appuntamento nelle vicinanze del molo di ponente, quello destinato alle imbarcazioni da diporto, in una piccola città pugliese. Avevo trascorso i miei ultimi mesi all’estero e sentivo fortemente la necessità di raccontarmi con una figura amica, a cui consegnare gli aneddoti del mio viaggio.

Puntualissimi, ci accomodammo in un lounge bar riservato ai diportisti. Ricordo ancora il profumo della salsedine e la comodità di quelle poltrone. Il mio amico ordinò un cocktail fruttato mentre io decisi che sarebbe stato il caso di ordinare un Martini Vesper. Così cominciò la mia chiacchierata che toccò molti aspetti del viaggio, spingendomi anche nelle avventure erotico-culturali che l’avevano contraddistinto, ma il discorso venne interrotto da uno strano incontro: una biondina magra, alta circa un metro e settanta, poco formosa, sulla trentina, interruppe la nostra conversazione. Era una compagna di classe di Edoardo che non incontrava dai tempi del liceo. Così, colto dalla sua bellezza, decisi di invitarla al nostro tavolo e con grande sorpresa lei accettò. Fui felice e cominciò così una chiacchierata che si interruppe solo nel momento in cui un temporale decise di spezzare la serata. La stanchezza poi prese il sopravvento, così decidemmo di lasciarci con la promessa di rivederci presto. A questo patto si intrufolò anche la nostra nuova amica che, stranamente, ci chiese di essere informata dei nostri successivi incontri. Non ricordo mai il nome di chi mi si presenta: ma il suo lo memorizzai, si chiamava Stefania.

incontro fortunato

Erano trascorsi appena due giorni da quell’incontro quando il mio cellulare mi notificò una richiesta di amicizia su Facebook. Ed era lei, Stefania, la biondina di un paio di sere prima! Con molta gioia accettai e cominciò una lunga chiacchierata. Parlammo della giornata lavorativa e della stanchezza che ci accomunava sino a quando non arrivò una richiesta: “Mi porti fuori a mangiare un gelato? Sono stanca, ma avrei voglia di uscire per qualche minuto“. Così acconsentii, essendo libero da impegni. Ci demmo appuntamento subito dopo cena nella piazza del nostro piccolo borgo. Con grande sorpresa lei indossò un vestito rosso che le modellava bene il petto, mentre lasciava poca immaginazione del bacino, considerando l’ampiezza del tessuto. Mentre gustavamo il gelato, discutemmo di molti argomenti, sino a quando il gelato non terminò. Stefania mi disse che doveva andare un attimo a lavarsi le mani. Mentre leggevo le notifiche del mio cellulare mi accorsi che aveva lasciato le chiavi dell’auto sulla sedia, così le raccolsi e mi avvicinai verso l’uscita. Stranamente impiegò molto tempo per lavarsi le mani e io, nel frattempo, cercavo di capire come funzionasse il suo strano portachiavi. Un oggetto plasticoso di colore magenta che aveva tasti strani. Non mi era mai capitato di vedere un oggetto del genere! Decisi, così, di premerne i tasti, in realtà senza capirne le funzioni. Dopo alcuni tentativi, premendo a caso, la spia luminosa si spense. Subito dopo lei uscì dal bagno. Chissà cosa avrebbe pensato se si fosse accorta che mi ero permesso di toccare le sue cose! Si avvicinò con violenza prendendomi per la camicia e trascinandomi fuori dal bar. Mi sentii trattato male, quasi volesse aggredirmi, ma non potevo immaginare cosa sarebbe successo dopo.

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Sì avventò su di me in piena via pubblica e decise di baciarmi mentre con le mani tentava di toccarmi le parti intime. Mi morse l’orecchio chiedendomi di premere ancora quei tasti, così capii subito che si trattava di qualcosa di strano, forse di un telecomando per vibratore interno wireless. Così, in un attimo di lucidità, la trascinai verso la mia auto. Voleva a tutti i costi scoparmi con violenza, la razionalità si era persa per strada. Arrivati in auto, le lasciai le sue chiavi e lei prese il timone della situazione: agitò compulsivamente quel portachiavi mentre io cercavo di dirigermi verso la mia casa di campagna. Lei era agitata, decise di sbottonarmi la cintura e i pantaloni per farmi sentire quanto brava fosse nel farmi un pompino. Guidavo mentre lei continuava a godere con quel maledetto vibratore fra le gambe. Arrivati con fatica a destinazione, Stefania mi strappò letteralmente i pantaloni di dosso, mutande comprese. Mi prese le palle in mano a coppa e morbidamente gustò il mio glande. Mai avevo visto assaporare il pene con tale avidità. Dopo qualche istante mi scaraventò sul cofano dell’auto, si tolse il vestito mostrandomi null’altro. Non aveva le mutande. Ero concitato, smanioso di leccare la sua fica calda e ben eccitata, mi avvicinai, inserii le dita dentro e mi accorsi che stava per venire, ondeggiai le mie dita con impazienza, mentre con il vibratore la penetravo analmente. La mia lingua assaporava il suo clitoride che sapeva di latte salato e caramello, una sensazione straordinaria. Mi serrò le cosce sul collo e si lasciò andare in un profondo piacere. Pensai subito che in quel posto diedi avvio alla mia esistenza e lì avrei voluto concluderla. Mi vietò di penetrarla, rinviandomi ad una successiva occasione. Che sconfitta. Nel frattempo, mi lasciò un monito della sua sconceria: il telecomando del vibratore divenne mio. E così organizzai la mia rivincita.

Commodoro

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