Ciao Ique,
la notte è scesa da molto tempo. Dovrei dormire, domani mattina devo presentarmi in ufficio per le nove ma stasera è successa una cosa incredibile e devo raccontartelo. Ce lo siamo promesse, ti ricordi, quando ti sei trasferita a mille chilometri di distanza da me. Ogni evento particolare, brutto o bello, avremmo dovuto scriverlo per lettera, per conservarlo e rileggerlo insieme al tuo ritorno. Mantengo la promessa come vedi e sono qui a raccontarti le spire profonde e avvolgenti di una giornata che non dimenticherò mai più.
Maurizio è fuori per lavoro. Torna tra tre giorni. Le cose tra me e lui, come sai, non vanno molto bene. La sera arriva, mangia e crolla sul divano. Io rimango a guardarlo e a volte mi viene da piangere perché non so quanto potrò resistere ancora a sentirmi così trascurata. Non mi fa mancare nulla, certo, ma forse mi priva di una cosa essenziale: farmi sentire ancora bella e desiderabile. Ho solo quarant’anni, diamine… perché non mi guarda più?
Tempo fa ho iniziato a dare lezioni pomeridiane di inglese. Essere madrelingua è un vantaggio e infatti mi sono creata un bel giro di clienti. Tutti piccoli, tranne un ragazzo che è al primo anno d’università. Marco è un bel moro con gli occhi verdi. Due spalle grandi e una bocca da seduttore. Mi fa ridere, è buffo quando cerca di fare un po’ di conversazione. Ogni tanto lo scopro a guardarmi il fondoschiena. I suoi occhi addosso mi piacciono, anche se è molto più piccolo di me.
Giorno dopo giorno siamo entrati sempre più in confidenza. I genitori separati, gli amici, la ragazza che ogni tanto lo fa soffrire. Ci beviamo qualcosa insieme, chiacchieriamo e io cerco di stamparmi nella mente quello sguardo che cerca avido il mio culo o il mio seno. Non mi riconosci vero? E ancora non ti ho raccontato il meglio!
Stasera Marco si è fermato fino a tardi. Ha dovuto aspettare suo padre perché era senza macchina. Come sempre, ci siamo seduti in salotto, un prosecco in mano e tanta voglia di scambiare due chiacchiere.
Alle otto arriva suo padre. Lo faccio salire, lo sai mi piace essere gentile. Ique, credimi, Andrea, questo il suo nome, avrebbe fatto eccitare anche te. Alto, muscoloso, brizzolato e con un sorriso da farabutto. La versione di Marco tra vent’anni.
Gli offro da bere, si siede, padre e figlio si guardano, sono complici, vicini. Io mi sistemo sulla mia poltrona preferita e decido che quella compagnia mi piace, mi fa sentire bene. Così li invito a cena. Due spaghetti al volo e tante risate. Sai da quanto tempo non si rideva più in questa casa?
Dopo cena ci prendiamo un caffè, l’atmosfera è calda, amichevole. Non so come mi ritrovo sul divano, stretta in mezzo a questi due esemplari di maschi che sanno come sedurre una donna, risate e sguardi che ti fanno sentire unica, bellissima.
Le mani di Andrea scivolano casualmente lungo le mie gambe, indugiano sulle ginocchia e poi sempre più su fino al bordo del reggicalze. Ti ricordi quel completino che ho comprato sperando di ravvivare la passione di mio marito? Non so perché, ma stasera lo avevo indossato sotto il mio famoso tubino nero. Chiamale se vuoi… premonizioni o semplicemente il desiderio di farmi una scopata come si deve!
Già ti vedo che alzi quel tuo sopracciglio perfetto e mi chiedi: “Ma con padre e figlio insieme?“.
Si Ique, insieme. Marco ha iniziato a baciarmi con tutta la foga dei suoi vent’anni, la sua lingua cercava ogni angolo di questa bocca, come se fosse una mela proibita.
Andrea, beh Andrea ci sa fare. Le sue mani si sono mosse lente per liberarmi dal reggicalze. Ha cominciato a toccarmi il ventre con delicatezza, come se fosse un trofeo da conquistare con calma.
La sua bocca mi ha colto di sorpresa. Mi ha allargato la fica con la lingua, si è insinuato dentro, ha simulato una scopata con il mio clitoride. Lecca bene quasi quanto te Ique, ti ricordi quell’estate in Corsica? Ecco, mi sto eccitando di nuovo.
Mi sono inginocchiata e i due uomini sono venuti davanti a me. Ho sbottonato i loro pantaloni e i loro cazzi, simili, potenti, duri hanno sfiorato le mie guance. Ho cominciato a succhiarli, uno per volta, con foga.
“Gloria sei un’insegnante troia lo sai?” mi dice Marco. E quella parola che in altre occasioni mi avrebbe fatto inorridire mi eccita ancora di più. Voglio fare la troia Ique, stasera. Voglio sentirmi viva, desiderabile. Vorrei che tu fossi qui con me, vorrei che mi scopassi come stanno facendo padre e figlio.
Uno mi sbatte la fica con durezza, l’altro ha trovato il mio culo e lo scopa con cura. Alla fine, sazi, mi vengono addosso, sulle tette, in bocca.
E io mi sento femmina come non mai.