Se già quando dici di essere bisessuale spuntano mille domande, figurati quando sei pansessuale: “Ti piacciono tutti?”, “Lo fai con chiunque?”, “Quindi sei lesbica?”, solo per citarne alcune. La verità è che in Italia nessuno sa – o dice – di essere pansessuale, specie se esterno alla comunità LGBTQ. Ma la bisessualità e la pansessualità sono poi così diverse?
Uomo/Donna e?
Bisessuale è “chi è sessualmente attratto da uomini e donne”, mentre pansessuale “chi non si sente limitato o inibito da genere o orientamento nella sua scelta sessuale”. Forse a un primo sguardo vi sembreranno uguali, ma se fate attenzione ai termini usati, nel primo caso di parla di “uomo e donna” quindi di identità di genere, nel secondo no.
La bisessualità parte dall’assunto che esistano solo due generi, quello maschile e quello femminile, si muove quindi all’interno di un sistema binario, la pansessualità, invece, non esclude che si possa provare attrazione per una persona transgender o genderqueer (chi non si riconosce nel binarismo di genere uomo/donna, ndr).
Pansessuale: questione di feeling… o di genere?
Una cosa che la bisessualità e la pansessualità hanno in comune è che chi si identifica come tale di solito non basa il suo sentimento sul genere. Nelle community gay online è recentemente scoppiato un dibattito bisex vs pansex, dove i primi si sono dovuti difendere dall’accusa di essere degli “eterni indecisi” motivando di essere “aperti ad amare chiunque indipendentemente dall’orientamento” al pari dei pansessuali, dei quali sentono di far parte. Questo ha creato parecchia confusione tra le “etichette”, ma ha sicuramente il merito di aver generato e alimentato una discussione sul tema della fluidità sessuale, fino a due anni fa completamente assente.
Può sembrare assurdo, ma in passato il termine “bisessuale” ha causato persino qualche disagio a chi avrebbe voluto sentirsi accolto o compreso dalla comunità LGBTQ e invece ha dovuto in qualche modo giustificarsi o virare verso la definizione di “lesbica” a causa di una discriminatoria psicosi “bi-fobica”. Ma per quanto l’etichetta abbia una sua utilità – serve a dire “io esisto” – è una delimitazione che va superata, non dentro cui ingabbiarsi. Forse vale la pena concentrarsi di più su noi stesse invece di cercare di essere all’altezza di una definizione da manuale: ci renderà tutto molto più facile.