Otto del mattino e sono sul bus dopo aver fatto una corsa sfiancante per prenderlo in tempo. Entro, mi siedo sul primo sedile libero e ci sprofondo dentro. Indosso le cuffiette e la mia memoria parte.
Parte tutto dall’immagine della mia mano che tocca il tuo braccio prima che imbocchi la porta. Dopo ore di tensione sessuale sfogata camminando assieme, in giro per la città, senza sfiorarsi neanche con gli occhi, la mia mano decide di toccarti prima che tu esca. È un istante infinito in cui la mano parte senza chiedere il permesso al cervello. Ti sfioro, penso che non dovrei farlo, percepisco la scarica elettrica del desiderio che passa da me a te in quel contatto, mi bagno, penso che vorrei afferrare la tua mano e cominciare a leccarla. Partire dalle dita, risalendo il braccio e arrivare fino al collo. Rimango sorpresa dall’esplosione di eccitazione di un attimo e il piacere mi rimane bloccato in gola, in un respiro che non esce. Ti domando da dove vengono quelle cicatrici sul braccio. Mi rispondi velocemente ed esci. Esci ed entro in camera mia e mi tocco. Prima di venire ho solo un’immagine nella testa: la mia lingua che passa lenta sul tuo braccio a tastare la ruvidezza della pelle con le sue cicatrici.
Due giorni dopo prendiamo un battello. Il caldo ci mangia da settimane. La tua mano mi accompagna verso l’ingresso. Un altro momento lunghissimo. I tuoi polpastrelli premono sulla mia schiena e il palmo della mano si apre per aderire alla mia pelle con forza. Mi domando se sei uno che sculaccia quando lo fa da dietro. Dondolo assieme al vaporetto che ondeggia.
Nel frame successivo sono investita dalla brezza della velocità della barca. Stiamo andando al Lido. Mentre siamo in piedi cerco di avvicinare il mio corpo al tuo. Sono aggrappata al parapetto del battello, è d’acciaio liscio e freddo. Poggio per un istante minuscolo il corpo sul tuo fianco e sento la stessa scossa elettrica che ho sentito sull’uscio di casa mia. La luna si riflette sull’acqua mossa dal battello: è luminosissima. Mi perdo nel desiderio di essere afferrata dal tuo braccio, all’altezza delle anche, per essere stretta nella tua morsa. Mi volterei per baciarti. Per la prima volta, vorrei sentire che sapore ha la tua saliva, se la tua lingua entra morbida o dura nella mia bocca. Mi sciolgo tra gli umori che colano dalla mia figa. Le mutandine mi si appiccicano alla pelle.
C’incamminiamo verso il mare. Il tragitto è una lunga serie di fotogrammi in cui camminiamo separati interrotta, di tanto in tanto, da un frame in cui mi tocchi il braccio, cerco la tua anca piano con la mano, mi posi la mano su una spalla. Mi tocchi il braccio e il desiderio di possederti percorre tutto il mio corpo in un attimo: voglio le tue mani addosso, la tua bocca nella mia, voglio tutto. Il marciapiede è largo, in cemento. Reprimo tutto dentro, fisso la strada e cammino dritta, dritta verso il mare.
Siamo in spiaggia. È buio e il tuo volto è illuminato dal luccichio della canna. Pochi minuti dopo, la tua lingua è finalmente nella mia bocca. Mi lascio trasportare dalla tua lingua, cerco il tuo odore, scopro che ti fa impazzire se ti accarezzo dietro il collo. La brezza è calda e appiccicosa. La sabbia ovunque. La tua saliva è dolce e calda, ne percepisco distintamente il gusto. La sento passare dalla tua lingua alla mia. La lingua è morbida quando sfiora la mia. Mi atterri, t’infili con la faccia sotto la gonna e me la lecchi. Ti tocco la testa, i tuoi capelli spessi e ispidi tra le mie mani sono più neri della notte. Il mio bacino si muove verso la tua bocca. Penso che è pazzesco, che erano anni che nessuno me la leccava così. Sento la tua lingua morbida e calda snodarsi tra fica e clitoride. Ti fermi per un istante, per dirmi che ho la figa perfetta. Se continui così, verrò in un attimo. Decidiamo che vogliamo continuare a casa, a letto.
Camminiamo ognuno per la sua strada, al ritorno, sfiorandoci di tanto in tanto. Ogni tocco è una scossa più forte delle precedenti che prelude a quello che succederà non appena saremo arrivati a casa. Adesso ansimo ogni volta che mi sfiori, senza trattenermi. Nonostante il caldo insopportabile, ogni volta che ci sfioriamo riesco a percepire il caldo della tua pelle.
Facciamo la doccia assieme a casa tua. Finalmente sei nudo, davanti ai miei occhi. La tua pelle riflessa nello specchio è scura, la mia bianchissima. Entriamo in doccia avvinghiati e posso godere del tuo corpo. Le mie mani scivolano sulla tua pelle. Premo e sento l’attrito tra pelle e acqua. Posso baciare e stringere. Mentre t’insinui in me, da dietro, comincio a immaginare come andrà a finire, come un film montato a spezzoni. Poggio le mani sul vetro della doccia: la pelle aderisce alle parti asciutte del vetro senza scivolare. Con una mano mi tieni il fianco mentre l’altra mi accarezza con insistenza la schiena.
Dopo il primo assaggio usciamo dalla doccia. Attraversiamo la casa, nudi e mezzi bagnati. Il pavimento alla veneziana è freddo e ruvido, ne percepisco tutti i pezzettini coi palmi dei piedi.
In camera tua, sul tuo letto, scopiamo fino ad essere stravolti dal piacere. Ma questa è un’altra storia, da raccontare un’altra volta.
Ho appena prenotato la mia fermata. Scendo dal bus, alzo il volume della musica e mi dirigo a passo svelto verso il lavoro.
Blu Virginia