Accarezzatrice. Ecco il nome che l’attrice e scrittrice Giorgia Wurth ha scelto per definire la professione della protagonista del suo romanzo, Gioia, assistente sessuale per disabili in Svizzera. Uscito a marzo dell’anno scorso poco prima dell’approvazione in Senato del Disegno di Legge n°1442 sulle “disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità”, il libro racconta la storia non soltanto di Gioia, alle prime armi con un lavoro che neanche immaginava esistesse, ma anche di Fabio e Rosaria e Salvatore, il primo disabile gay condannato ad un doppio isolamento dovuto sia all’handicap che alla propria omosessualità sottaciuta, i secondi marito e moglie entrambi affetti da SLA, protagonisti di un grandissimo gesto d’amore: Rosaria infatti si rivolge a Gioia per offrire al marito quelle attenzioni, affettive più che sessuali, che la sua malattia le impedisce di esprimere.
Non avrebbe potuto scegliere nome più poetico, la Wurth, per restituire l’idea di una donna innanzitutto dedita alla tenerezza e al rispetto, soprattutto nei riguardi di un gruppo di persone etichettate come “disabili” e quindi oggetto, più o meno involontariamente, di discriminazioni, distinguo o forme di pietismo spicciolo. Lo sa bene Queen Ann, pseudonimo di una madre intervistata dal Corriere per il suo blog “Invisibili”, la quale racconta la paradossale vicenda di un’altra madre fermata dai carabinieri per essersi rivolta ad una prostituta al solo scopo di alleviare le pulsioni sessuali del figlio con handicap. Senza contare l’inesperienza di alcune cosiddette insegnanti di sostegno, che le rivelano scandalizzate quanto il ragazzo, seppur disabile, a volte le guardi o le tocchi con cupidigia. Come se fosse un angelo. Come se non fosse un uomo. Eppure non si tratta solo di sessualità, o meglio, non nei termini in cui la si intende comunemente: la sessualità, come afferma una sentenza della stessa Corte Costituzionale, è innanzitutto “un modo di espressione della persona umana e, in quanto tale, un diritto inviolabile di tutti”. Non solo. È soprattutto una forma di affettività da realizzare attraverso un incontro, uno scambio, un’educazione al rispetto e all’empatia.
Dopo Svizzera, Danimarca, Olanda e Germania, dove l’assistente sessuale come figura professionalmente formata è una realtà già da diversi anni, finalmente anche l’Italia ha compiuto il suo primo ed imprescindibile passo verso un’evoluzione che, come sostiene Simona Lancioni, non dovrebbe limitarsi esclusivamente alla sfera medico-sanitaria o civile, ma anche a quella culturale, fornendo alle persone colpite da disabilità momenti di confronto, ascolto ed accoglienza che esulino dal mero soddisfacimento erotico-pulsionale. In risposta alla recente approvazione del DDL, nei prossimi mesi dovrebbero partire i primi corsi di formazione psicologica, sessuologica e medica legati alla figura dell’assistente affettivo, chiamato a sviluppare il valore ludico, relazionale ed etico del corpo del paziente attraverso la scoperta e la presa di coscienza del proprio universo affettivo.
Il sogno di MySecretCase è sempre stato quello di promuovere e diffondere una sessualità che fosse il più aperta e curiosa possibile, libera da vincoli, pregiudizi e tabù. Per questo ringraziamo AISLA per averci dato la possibilità di esaudire un desiderio che maturavamo da tempo e che rimandavamo a quando ci fossimo sentite più pronte: affrontare il tema della sessualità nella disabilità, fornendo anche servizi di consulenza sessuale gratuita a coloro che ne manifestino l’esigenza e l’interesse. E questo è solo l’inizio.