Kenia, aprile 2017: una donna sposata va in un hotel con il suo amante. La coppia resta incastrata durante il rapporto sessuale e, per arrivare al presidio medico più vicino, i due sono costretti a sfilare lungo la strada avvinghiati su una barella, coperti solo da un lenzuolo. Una via crucis del peccato che attira subito una folla di curiosi. Qualcuno filma il tutto e condivide online il video. Ciò che doveva restare segreto viene dunque scoperto nel più imbarazzante dei modi. Secondo i media locali pare che il marito cornuto abbia usato una pozione “Magun” per cogliere in flagrante la moglie fedifraga.
Porto San Giorgio, settembre 2014: mettici un autunno insolito e caldo, una spiaggia deserta, una giovane coppia appassionata. Quel che segue è facile da indovinare, ma c’è un incidente di percorso. Dopo aver consumato un rapporto completo in acqua con la compagna, al momento di “uscire” il giovane resta intrappolato, come un paguro alla conchiglia. Colpa dell'”effetto ventosa”, uno degli imprevisti che possono capitare quando si hanno rapporti in acqua. A quel punto resta poco da fare: i due innamorati raggiungono la spiaggia indissolubilmente uniti e chiamano un medico. Con il suoi aiuto, coperti da un asciugamano, si dirigono nell’ospedale più vicino dove alla ragazza viene fatta un’iniezione per dilatare l’utero, utilizzata in genere per agevolare il parto. È l’escamotage giusto che risolve la situazione. Per l’imbarazzo, purtroppo, non si può fare nulla.
Ecco due esempi della leggenda metropolitana degli “amanti incastrati” che circola negli ambienti ospedalieri con innumerevoli varianti (etero e omosessuali). La vicenda, dai contenuti apparentemente comici, vede protagonista una coppia clandestina in cui la donna è quasi sempre la fedifraga e gli amanti giungono invariabilmente “nudi e coperti da un lenzuolo” in ospedale.
Queste leggende sembrano riflettere l’idea radicata nella nostra società che il rapporto sessuale è un legame dal quale non ci può staccare. Inoltre, i rapporti extraconiugali sono sottoposti a biasimo sociale, specie se l’adultero è la donna: le storie degli amanti incastrati rispondono all’idea dei pericoli derivanti da una smodata sessualità femminile. L’idea della castrazione e la sua irreversibilità non sembrano presenti.
Sebbene il meccanismo del “Penis Captivus”, ossia pene imprigionato, sia fisiologicamente presente in alcune specie animali e quantunque sia tecnicamente possibile nel genere umano, nella realtà questo evento è stato raramente descritto in letteratura clinica (ho trovato solo alcuni articoli risalenti agli ’80).
Le motivazioni sono legate a più fattori, un “effetto sottovuoto” (favorito anche da una specifica conformazione fisica) che può venirsi a creare, convogliando il sangue nel glande e aumentando l’effetto ventosa, rendendo di fatto impossibile l’estrazione mediante trazione, e/o una contrazione involontaria del muscolo elevatore dell’ano che crea una sorta di “strangolamento” del pene, che impedisce al sangue di defluire. In situazioni ancora più rare ciò può verificarsi anche in vagina pur essendoci pochissimi avvenimenti del genere documentati.
Nel caso dovesse verificarsi tale spiacevole ed improbabile “incastro” le cose che possono essere di aiuto sono:
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Cercare di rimanere tranquilli, o perlomeno il meno agitati possibili poiché l’ansia può rendere tutto più difficoltoso (p.e. con la produzione di adrenalina)
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Applicare ghiaccio alla base del pene, che col suo effetto vasocostrittore diminuisce l’afflusso di sangue al glande, di fatto “sgonfiandolo”, stando per attenti a non “raffreddare” anche il partner altrimenti “vaso-costringerà” anche l’orifizio; può quindi essere utile proteggerlo con un panno
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In caso di incarceramento vaginale, una leggera stimolazione rettale, effettuabile con un dito, genera un riflesso inibitorio in grado di rilassare il muscolo contratto
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Andare al Pronto Soccorso è senza dubbio la strada più sicura: lì somministreranno un miorilassante.
Infine è ben ricordarsi sempre di utilizzare un buon lubrificante quando si hanno rapporti anali.