Inizia con un “Anna, Mario Bianchi ha visitato il tuo profilo”, continua con “Anna, Mario Bianchi vuole collegarsi con te” per poi finire, se siete fortunate, con un “Anna, Mario Bianchi ti ha inviato un messaggio”. Stiamo parlando della nuova tristissima frontiera di acchiappo sui social: il flirt su Linkedin. No, ragazzi, pietà. E non perché siamo delle fighe di legno tali da rimanere indifferenti a qualsivoglia tipo di apprezzamento, anzi, ma perché è Linkedin. Perché ormai il “dove” conta persino più del “come”. Passino Badoo, Netlog, Hi5 e Twoo, siti d’incontri abilmente mascherati da social network che col tempo hanno rivelato la loro vera natura di calderoni indistinti di cercatori d’Eros, passi pure l’abbordaggio su Facebook, talmente generalista che tutto è possibile, ma Linkedin proprio no. Innanzitutto perché la sua stessa identità di portale di ricerca lavoro qualifica un qualsiasi approccio extra-professionale come fuori luogo per via della sua equivoca associazione sesso-raccomandazione, e poi perché, banalmente, fa risultare l’uomo che ci prova come uno sfigato totalmente privo di savoir faire oppure, peggio ancora, come uno stronzo che si avvale della sua posizione per ottenere in cambio favori sessuali. Esistono Meetic e Gleeden, per questo. E Grindr e Tinder e Blendr, (app)ositamente pensate per coloro che a dispetto di ogni poesia preferiscono andare sul sicuro senza perdere troppo tempo in corteggiamenti e ruote di pavone varie. Insomma, se su Facebook dipende dalla modalità con cui ci si prova (un ragazzo che ti chiede l’amicizia dopo averti conosciuta ad una festa dicendoti che vorrebbe conoscerti si può dire soddisfacente e lusinghiero), su Linkedin già la sola richiesta è off limits.
Solitamente l’iter è questo: Mario (ci perdoni qualsiasi omonimo) visita il profilo, Linkedin ti manda la notifica e tu, fashion designer, ti chiedi come mai un ingegnere meccanico si sia mostrato così interessato alle tue competenze professionali, “si sarà sbagliato”, pensi; due-tre giorni dopo, altra notifica: Mario vuole collegarsi con te. Che carino, probabilmente ha studiato ingegneria meccanica ma poi, si sa, la vita è imprevedibile, è finito a lavorare da Marc Jacobs come Responsabile delle Risorse Umane. Sì, dev’essere andata così. Lo accetti, tanto oh, male non fa. Neanche un’ora dopo arriva un’altra notifica, un messaggio, l’icona rossa sulla bustina ti dà un leggero palpito, allora Linkedin serve a qualcosa! Apri e leggi: “Ciao Anna, grazie del contatto! Ho visto che lavori a Milano come me, è possibile che ti abbia vista lì?”. Oddio. Pena, pena infinita. È possibile che ti abbia vista lì. Lì dove? Se abitasse davvero a Milano, il deficiente, saprebbe che è discretamente ENORME e che gli abitanti sono 1.500.000, compreso l’hinterland 3.000.000. Lasci stare e perseveri nel tuo già pregresso scetticismo rispetto ai benefici di Linkedin, finora mai visti.
Passano i mesi, eccone un altro, inutile dire che la speranza che non si tratti dell’ennesimo morto di figa è dura a morire. Senti cos’ha da dirti: “Ho visto la tua foto profilo e sei molto carina”. Peggio che andar di notte. Tra questo e quello di prima una lotta tra titani.
Qualche settimana dopo, finalmente, ti scrive il direttore di una sartoria artigianale di via Vigevano, ok, non sarà Gucci, ma oh, è vicina a casa, l’importante sono gli orari, dopotutto anche tu hai una vita, e poi c’è l’affitto da pagare… non male, ti vedi già la mattina ad andare a lavoro a piedi o in bici tra i vicoli dei Navigli, il rumore dei bicchieri nei bar e l’odore di caffè; usciresti per l’ora dell’aperitivo, un bicchiere di vino bianco dall’oste di fiducia, un tagliere di salumi e poi, se ci scappa, pure un cinemino. Apri il messaggio: “Buongiorno Anna, ho trovato il suo profilo molto interessante, mi piacerebbe conoscerla”. Laconico, il direttore. Rispondi: “Sono lieta che abbia trovato il mio profilo professionale di suo interesse, resto in attesa di maggiori indicazioni sull’ora e il luogo del colloquio così che possiamo parlarne di persona”. Passano le ore, la sua replica tarda ad arrivare, hai forse scritto qualcosa che non va? Avrà già trovato qualcun’altra. Cazzo, sono sei mesi che non trovi lavoro. Notifica. Risposta. Fiu, menomale. Leggi: “Se per lei va bene, potremmo vederci domani per cena, a casa mia, in via Gorizia 27, citofono 012”.
Casa, cena, porco. Immaginate la faccia di Anna, sei mesi di disoccupazione per poi trovare teste di cazzo simili.
Insomma, provateci pure, ma magari per strada o al bar, non dove la gente va sperando in un lavoro migliore, oppure, semplicemente, in un lavoro.