Alla domanda “Che cos’è la verginità?”, la quasi totalità delle donne risponde “quando una donna non è ancora stata penetrata da un uomo” oppure “lo stadio precedente alla lacerazione dell’imene”, a ribadire come il concetto di deflorazione sia ancora profondamente ed inestricabilmente connesso a quello di penetrazione maschile. Ma se una ragazza lo rompe a seguito dell’autoerotismo, è vergine oppure no? E se invece è stata penetrata ma non ha sanguinato? Ecco introdotto il primo dei falsi miti sulla verginità: la lacerazione dell’imene, di cui tutte sanno dire che è una membrana sottile, ma poi il nulla, vuoto totale. Senza bisogno di andare nei tanto vituperati paesi islamici, basta ripensare all’Italia di appena qualche decennio fa dove, soprattutto nelle cittadine più remote e retrograde del profondo Sud, il neo-marito usava stendere fuori dalla finestra il lenzuolo nuziale macchiato di rosso a dimostrazione dell’avvenuta e virilissima penetrazione della sposa a scapito della sua ora attestata verginità. Ma chi di voi può dirsi sessualmente attiva sa che non sempre, anzi quasi mai, si sanguina dopo la prima penetrazione. Molto spesso non si sanguina proprio e non certo perché prima ci si fosse abilmente toccate per spianare la strada. Viene quindi naturale chiedersi cosa sia potuto succedere a quelle povere malcapitate a cui loro malgrado non sia uscita neanche una gocciolina di sangue. Nel loro caso si è trattato infatti di “imene compiacente”, che si dilata cioè senza sanguinare.
Insomma, la tanto chiacchierata lacerazione dell’imene, membrana flessibile (e, diciamolo, anche anatomicamente inutile) che separa la cavità vaginale dalla vulva lasciando però passare il sangue mestruale attraverso una o più piccole aperture, non è condizione imprescindibile per la perdita della verginità, concetto a questo punto più culturale che fisiologico. Nella cultura cattolica, infatti, la penetrazione vaginale, sempre chiaramente bandita prima del matrimonio, corrisponde alla perdita dell’innocenza e quindi, per contro, all’assunzione di una colpa, di un peccato memore di quello originale di Adamo ed Eva. Ecco perché, che lo vogliamo o no, viviamo la prima penetrazione con eccessiva ansia, quasi come se dovessimo scegliere se macchiarci o meno del nostro primo vero peccato. Tutto il resto pare invece più lecito: toccarsi da sole, esplorare altre parti del corpo, prestare “servizi” di sorta. Un significato assoluto ed universale di verginità, di colpa e di sessualità, quindi, non esiste, per cui ragazzine che fanno sesso a 16 anni possono dirsi comunque meno “navigate” di altre di 14 che, pur non subendo alcuna penetrazione, si dedicano a tutti gli altri tipi di pratiche. L’importante è vivere la “prima volta” in modo sereno e consapevole e non come risposta al bisogno impellente di togliersi il pensiero; a questo proposito non si può dire che l’età non conti: per una semplice questione di crescita emotivo-intellettiva, si è oggettivamente più mature e pronte a comprendere le conseguenze dei propri gesti così come le esigenze del proprio corpo a 18 anni che non a 13.
Le consuetudini di oggi vogliono che l’età “giusta” sia intorno ai 17-18 anni, mentre prima o dopo si è rispettivamente o troppo precoci o delle tardone. Sfatiamo anche questo mito: se una ragazza è particolarmente vogliosa, conscia di esserlo e ben informata sulle precauzioni da adottare, può dirsi pronta a fare sesso sicuro anche a 15 anni senza che debba essere tacciata di ninfomania. Quanto alle venti-trentenni, staranno sicuramente aspettando un uomo che le ispiri e che le trovi attraenti e a quel punto, fidatevi, lo faranno come se non ci fosse un domani, più e meglio di tutte noi messe assieme (o quasi). La prima volta fa male? Dipende. Se siete rilassate, ben lubrificate e il vostro partner (anche di sesso femminile, con un sex toy o con le dita) è paziente e delicato, no. Certo, diciamo che l’orgasmo subito alla prima penetrazione è molto raro, ma solo perché ci si concentra troppo sulla penetrazione in sé piuttosto che sulla stimolazione del clitoride.
Altro mito da sfatare? Che la verginità persa non possa essere ritrovata. Sì, come no. Prima dell’imeneplastica forse, vale a dire l’intervento di ricostruzione dell’imene, ora prenotabile anche online ad un prezzo che va dal centinaio alle poche migliaia di euro, a seconda che preferiate una clinica svizzera o rumena. La richiesta sembra essere in continuo aumento, evidentemente per due motivi: o la presenza in giro di troppe “ciccioline” redente oppure di ferventi cattoliche che temono di pagare cara qualche loro concessione di troppo (le più scaltre hanno saggiamente dirottato la “mira” altrove). Intanto l’Italia è l’unico Paese dell’intera Comunità Europea a non avere a scuola la materia di educazione sessuale, mentre i politici, tra una baby squillo e l’altra, stanno pensando a come rendere nuovamente obbligatoria l’ora di religione.
Che dire, un grosso, gigantesco, collettivo “bah”.