Grazia, sensualissima e fastosissima grazia. Poter ammirare delle creature celestiali comporre disegni e coreografie in una cornice unica nel suo genere è un onore che non tutti possono concedersi. Primo perché bisognerebbe trovarsi a Parigi, secondo perché prenotare esattamente per la sera desiderata è un’impresa ciclopica, tanto gli spettacoli sono sempre sold out. Chi di voi sia interessata ad assistere ad uno degli show più famosi e richiesti al mondo, si affretti ad acquistare i biglietti all’istante: il Crazy Horse è finalmente in arrivo a Milano dal 2 al 18 luglio per l’unica data italiana del tour internazionale “Forever Crazy” inaugurato quattro anni fa.
Fondato esattamente il 19 maggio 1951 dall’impresario e collezionista d’arte Alain Bernardin, morto suicida nel 1994 pochi anni dopo essersi sposato con una delle sue ballerine di punta, Lova Moor, il Crazy Horse si è contraddistinto sin dagli albori come simbolo di un erotismo del tutto nuovo, vessillo mondiale di femminilità, creatività ed audacia. Se fino agli anni Cinquanta si è trattato per lo più di spettacoli di burlesque a ciclo unico intervallati da intermezzi musicali e umoristici desunti dal varietà (qui fu la prima esibizione in assoluto di Charles Aznavour), oggi il Crazy Horse, di cui in Italia ci ha più volte dato un assaggio Piero Chiambretti invitando al suo “Chiambretti Night” alcune delle Crazy Girls più acclamate, propone numeri preparati a tavolino fin nei minimi dettagli: dalle luci, alle scenografie, alle coreografie, ai costumi, ogni particolare è studiato pedissequamente per restituire al pubblico un mondo onirico e corporeo insieme, sintesi totale di arte, fantasia e sensualità. Dopo la svolta anni Sessanta ad opera della Nouvelle Vague, della Pop Art e del Nouveau Réalisme francese, il cabaret al femminile più avanguardista del mondo ha dovuto rivedere i suoi canoni e le sue influenze: non più solo burlesque e cultura pin-up di matrice statunitense, ma anche colori, costumi, danze e sonorità contemporanee ed anticipatrici. Da allora è puro mito: dell’ottobre 2006 è la serata d’apertura di Dita Von Teese, del 2007 la partecipazione sognante di Arielle Dombasle e quella più “pop” di Pamela Anderson a bordo di una Harley Davidson sulle note dell’omonima canzone di Serge Gainsbourg e Brigitte Bardot. Questo soltanto prima della chiamata nel 2012 di Christian Louboutin come direttore artistico del babilonico show “Feu”, ispirato alla scena hip hop e all’arte antica, uscito lo scorso anno in 3D nei cinema, e della mise en scène nell’estate 2013 di “Forever Crazy” sul tetto del Palazzo del Festival di Cannes.
Tra le 12 incantevoli ballerine del cast parigino, cui si aggiungono altre 6 riserve in caso di defezioni improvvise, anche un’italiana, Gloria di Parma (nome d’arte di Deborah Lettieri), seconda nella storia del Crazy dopo l’icona anni Settanta Rosa Fumetto. Gloria racconta di aver superato il provino solo dopo aver portato, in topless, perizoma e tacchi alti, un numero di danza classica ed essersi sottoposta ad un’attenta, anzi scientifica, analisi di misure e proporzioni: l’altezza deve oscillare tra 1,68 e 1,72, la distanza tra i capezzoli deve corrispondere a 21 cm e quella tra ombelico e pube a 13 cm, infine le gambe devono essere necessariamente 2/3 del busto, anzi, secondo Gloria, precisamente 91 cm. Alle nuove reclute viene poi insegnato a vestirsi, truccarsi e prendersi cura del corpo da sole, in modo da non avere alcun truccatore e parrucchiere personale e viene ricordato che 4 è il numero magico del peso: mai acquistare o perdere più di 4 kg rispetto al proprio peso forma, pena la cacciata dal Paradiso Terrestre. Non solo palestra, prove ed allenamento tutti i giorni in preparazione dei due spettacoli quotidiani da ripetersi per sei giorni fino al sabato, ma sei paia di scarpe su misura e 65 abiti di scena per ogni ballerina. Della serie: dive si diventa. Per lo meno al Crazy Horse.