Non sono il tipo di donna che ha bisogno di avere un uomo al suo fianco per sentirsi completa. Non mi ritengo una persona gelosa e non ho mai preteso un rapporto esclusivo da nessuno dei miei partner. Ma per essere totalmente onesta, durante la mia ultima relazione ho avuto dei momenti di debolezza. Capitava sovente che chiedessi al mio uomo di restare a dormire da me la sera, nonostante abitassi in periferia, costringendolo a continue levatacce per arrivare in tempo al lavoro. Volevo così tanto svegliarmi con il suo respiro sulla pelle che questa mia richiesta diventò presto motivo di discussione, fino a sfociare in un tremendo litigio. Disse che ero diventata appiccicosa, e che forse sarebbe stato meglio se ci fossimo presi una pausa.
Non ci ho visto più.
Pausa per me stava a significare che era finita, insomma che il nostro rapporto oramai era agli sgoccioli.
Voleva dire che avrei dovuto abituarmi nuovamente a dormire in un letto vuoto, proprio quando avevo più bisogno di lui.
Di colpo venne fuori tutta la mia insicurezza e iniziai a farmi mille paranoie. Temevo che questa brutta storia avrebbe finito per mandarmi in depressione, perciò ho fatto la prima cosa sensata che mi è venuta in mente: ho telefonato a Sabrina per chiederle se le andava di fermarsi a casa mia per qualche giorno, giusto il tempo di superare questo brutto momento.
Sabrina era la mia migliore amica fin dai tempi delle medie, quel genere di amica su cui puoi sempre contare. Bionda, solare, con il sorriso pronto e una coda di cavallo sbarazzina che la faceva somigliare a una pin up americana. Da piccola ero un po’ invidiosa di lei, della sua bellezza, invece siamo diventate inseparabili, e dopo le medie abbiamo affrontato insieme non solo il liceo ma anche l’università. Ero certa che Sabrina non mi avrebbe lasciato da sola in questa situazione, infatti neanche un’ora dopo quella telefonata, si presentò a casa mia con una piccola valigia, una confezione maxi di gelato al cioccolato, e una pila di riviste di gossip che traboccavano di amori vip dei quali avremmo potuto sparlare per ore. Purtroppo io non ero in vena di fare pettegolezzi, e mentre ce ne stavamo tranquille a chiacchierare sul divano, scoppiai a piangere sulla sua spalla.
«Non è vero, non sono appiccicosa» protestai, tirando su col naso.
«Certo che no», disse Sabrina, stringendomi forte. «L’ha detto solo per pararsi il culo.»
«Allora perché sono stata tanto possessiva nei suoi confronti?»
«Chissà? Magari chiedevi le coccole perché era l’unica cosa che poteva darti, quando tu invece avevi bisogno di altro… Fiducia, complicità, oppure una sana e travolgente passione.»
Ero sbalordita. Il discorso di Sabrina mi sembrava di una logica schiacciante, eppure non riuscivo a cogliere il nesso di quelle parole.
«Stai dicendo che non era l’uomo per me?» chiesi. Ma lei scosse la testa con tanto vigore che quasi mi schiaffeggiò con la coda di cavallo.
«Sto dicendo che nessun uomo sarà mai l’uomo per te» puntualizzò Sabrina.
Le parole scivolarono lisce e quiete dalla sua bocca, risuonando ancora più importanti. Ad un tratto mi resi conto di quanto tenessi a lei, e come la sua presenza mi avesse confortato nei momenti bui.
«Non so che farei senza di te» le sussurrai in un orecchio. Sabrina allora posò le sue labbra sulle mie, accendendo un desiderio che avevo nascosto chissà dove, giù nel profondo. Poi mi spinse dolcemente sul divano.
«Rilassati, hai bisogno di riposare» disse.
Annuii e mi stesi mollemente sui cuscini. Ero come sotto un incantesimo, se Sabrina mi avesse ordinato di saltare giù da un tetto probabilmente l’avrei fatto.
«Così, da brava. Adesso lasciati coccolare un poco.»
Lei si sdraiò sopra di me, e il suo profumo mi inondò le narici. Cos’era, mughetto? Non ebbi il tempo di chiederglielo, perché Sabrina iniziò ad accarezzarmi i capelli, un movimento lento e sinuoso che effettivamente ebbe su di me un effetto calmante.
«Vedi? Io so cosa è meglio per te» disse, e non replicai. Conoscevo Sabrina meglio di chiunque altra persona sulla faccia della terra, e lo stesso era per lei. Quando vidi le sue mani scivolare sotto la camicetta non ci trovai niente di strano, anzi il mio corpo fu invaso da un piacevole torpore. Allora sentii che la gamba di Sabrina si era insinuata tra le mie. Indossavo una leggera gonna di cotone e per lei fu facile toccarmi col ginocchio proprio lì. Da principio credetti che non lo avesse fatto apposta, poi capii che ogni suo movimento era preciso e calcolato. Col ginocchio Sabrina mi stava massaggiando il clitoride, e il mio corpo rispondeva con entusiasmo a quel tocco. Le passai un braccio attorno al collo e aprii di più le gambe. Era passato così tanto dall’ultima volta che avevo fatto sesso che a stento mi trattenni dall’avvinghiarmi a lei come una piovra.
«Va meglio adesso?» chiese Sabrina. Io mugolai qualcosa, e lei mi sollevò la gonna. Scivolò lentamente all’indietro finché la sua mano non si trovò a un centimetro dai miei slip. Sabrina allora me li strappò via, e prese ad accarezzarmi con le dita.
«Hai la fica tutta bagnata…» disse, facendomi arrossire. E per dimostrare che aveva ragione mi mise un dito dentro, poi un altro, senza difficoltà alcuna.
Il suo tocco, dapprima gentile, assunse un ritmo deciso. Dalla gola mi uscii un grido strozzato, e afferrai Sabrina per i capelli. L’elastico che fermava la coda di cavallo volò via, e lunghi riccioli color oro ricaddero sulle sue spalle.
“Così è ancora più bella” pensai, e mi vergognai anche un po’, ma anche quello passò subito, sopraffatta dall’abilità di Sabrina nel darmi piacere.
Indice e medio si erano fatti già strada nella mia carne quando Sabrina premette col pollice dove c’era la clitoride. L’unghia sfregò appena su quel piccolo bottone di carne e fu come se una scarica elettrica mi attraversasse il corpo.
«Ti prego, adesso basta… Così è troppo…» supplicai. Ma non dicevo sul serio e lei lo sapeva. Sabrina sapeva tutto di me, e sapeva tutto del mio corpo. Ogni movimento era quello giusto, ogni carezza un fuoco. Sabrina poggiò la bocca sulla mia, e aumentò la pressione delle dita. Anche il ritmo era mutato, e la sua mano si muoveva con velocità crescente. Non ce la facevo più, il piacere era troppo forte adesso, e venni con un tremito che mi scosse da capo a piedi. Aprii di più le gambe e un liquido denso come miele si rovesciò sulla mano di Sabrina. Ma non era come le altre volte, perché venivo e venivo ancora, non riuscivo più a fermarmi.
Solo parecchi minuti dopo – minuti lunghi un’eternità – crollai esausta sul divano. Esausta, felice, e appagata come mai prima d’ora. Allora ripensai alle parole di Sabrina, a quando aveva detto che nessun uomo sarebbe stato giusto per me, perché fiducia, complicità, e passione erano soltanto cose nostre, e non le avremmo più divise con nessuno.
Cristiana Danila Formetta è scrittrice e blogger. Scopri i suoi libri su http://author.to/CristianaFormetta